Marylinda e La Bestia – Racconto di Alexia Bianchini

PREFAZIONE

di Filomena Cecere

Sangue e sesso sono gli elementi imprescindibili che caratterizzano la letteratura e la cinematografia gotica e horror che ritraggono personaggi leggendari come il vampiro e il licantropo.

L’archetipo del licantropo ha origini antichissime, nell’Egitto dei faraoni, nella Grecia politeista, nella Roma imperiale.

La tradizione popolare attribuisce ad alcuni uomini e donne, affetti da un morbo o colpiti da una maledizione, la sventura di mutare in lupo nelle notti di plenilunio.

La narrativa e le trasposizioni filmiche hanno poi aggiunto elementi nuovi come il contagio attraverso un morso, la morte causata dalla pallottola d’argento e la capacità di trasformarsi con cognizione senza necessariamente subire la metamorfosi.

Alexia Bianchini con il suo racconto Marylinda e la Bestia descrive l’animale ponendo l’attenzione sull’umana sofferenza.

Dolore corporale e tormento. Patimento ed estenuazione.

L’autrice scruta nel corpo sanguinante del mostro mettendo a nudo la sua anima. Una creatura apparentemente dominante, ma che sotto il fardello delle catene diviene vittima.

Questo racconto ha due grandi pregi: mostrare l’uomo nella bestia e la bestia nell’uomo.

Una creatura ostile capace di umani gesti che si contrappone all’uomo e alla sua violenza efferata.

Una descrizione affascinante e cruda. Un’ambientazione oscura che trasuda palpiti e castighi.

La Bianchini ha saputo imbastire un racconto di pathos e passione, di sesso e sangue, di crudeltà e amore.

Auguro a tutti una buona lettura, affinché la quintessenza del fantastico possa risvegliare in voi istinti sopiti.

MARILYNDA E LA BESTIA

A passo leggero Marylinda varcò la spessa porta di legno massiccio, rinforzata da strati di ferro e argento.

La dama di bianco vestita apparve angelica ed eterea sulla soglia di quella grande

cella dalle pareti annerite dal tempo e schizzate di sangue fresco, quasi fosse un innocente vergine scaraventata all’inferno.

Muovendosi lentamente, sospirò a ogni passo, incedendo nell’incertezza mescolata a folle curiosità verso la bestia immonda, che torturata e legata, era riversa a pancia in giù su di un asse di legno.

Il sensuale profumo d’ambra, emanato dalla fanciulla, inebriò la stanza, pizzicando le narici della creatura abominevole, che si mossero leggermente, scatenando un brivido nella nuova venuta, mentre la paura scatenava l’eccitazione.

“Sei dunque ancora vivo” disse Marylinda, sospirando soave e sfiorando a palmo aperto la folta peluria che ricopriva quel corpo enorme.

Un unico respiro riecheggiò pesante, seguito da un grugnito terrificante che fece indietreggiare la donna di un passo.

Marylinda si voltò verso la porta, ma non per fuggire da quel lugubre luogo, semplicemente per appurarsi che la guardia, pagata a caro prezzo, facesse ciò che le aveva garantito: lasciarli soli fino all’alba.

Nemmeno un raggio di luna arrivava dalla piccola feritoia e solo il braciere nell’angolo illuminava quella scena orripilante, dove il sangue faceva da padrone, colando lento da quel tavolo ed espandendosi sul pavimento di pietra.

“Non temere la mia venuta,” dichiarò Marylinda riacquistando coraggio, “io non sono qui per infierire sul tuo corpo. Io ti ammiro per la tua forza, per la sfrontatezza e l’audacia con cui hai tenuto testa al mio signore per due lunghi anni”.

La bestia non rispose, e nemmeno tentò di aprire gli occhi, anche se la voce di quella donna e il suo odore stimolavano pensieri reconditi.

“Guarda come ti hanno ridotto” pronunciò lei a voce spezzata, avvicinandosi e annusando l’odore acre del sangue che si rattrappiva fra le molte ferite schiuse di quel corpo legato, che si imputridivano secondo dopo secondo .

Corde, catene e lunghi chiodi d’argento lo tenevano prigioniero, e le ferite mantenute aperte e infettate lo indebolivano, portandolo inesorabilmente verso la fine della sua esistenza.

“Se solo potessi liberarti da questo inferno ti lascerei libero di correre attraverso la natura” sussurrò Marylinda, avvicinandosi all’orecchio del mostro, sapendo bene che sarebbe stata ormai un’impresa impossibile dato lo stato in cui era stato lentamente trasformato.

La bestia parve gemere, e il suo respiro si fece affannato, torbido, quasi la presenza di quella donna avesse aumentato il suo battito cardiaco. Ma rimase silenzioso, in quella sua forma bestiale dove non gli era consentito parlare.

“Perché è venuta qui?” si chiese, respirandone l’amabile odore.

“Non voglio farle del male, non a lei!” pensò aprendo leggermente un occhio, sbirciando attraverso quella misera fessura, quella dolce figura che aveva amato dal primo istante in cui le era apparsa innanzi.

“Lo so chi sei in realtà. Conosco il tuo viso, maturo e virile, che vidi nella foresta due anni orsono, quando venni attaccata dai lupi” disse lei sfiorando le spalle possenti, che si muovevano a ogni respiro.

La bestia emise un grugnito e spalancò gli occhi, quasi cercasse di intimorirla, per

farla andare via da quella stanza dove stava morendo.

“Non mi cacciare. Io non ti temo, e non vergognarti del tuo stato, io non nutro pietà per te, ma solo rammarico per la tua cattura. Se solo avessi saputo ciò che sarebbe accaduto, mi sarei precipitata nei boschi per cercarti” gli disse Marylinda accarezzando con un dito la fronte di quella creatura, osservando i suoi occhi divenire dolci e malinconici.

Rimasero così per qualche minuto, perdendosi nei loro sguardi, come se le parole fossero superflue, come se la bestia fosse ormai ammansita e non più desiderosa di sangue, come se la femmina scrutasse al di là di quel terribile aspetto, accarezzandogli l’anima.

“Qual è il tuo nome?” chiese Marylinda avvicinandosi.

L’animale tremò, facendola indietreggiare di nuovo, ma non uscirono versi di rabbia dal suo corpo, che invece iniziò a trasformarsi lentamente, sotto gli occhi allibiti di Marylinda.

Era la prima volta che mostrava la mutazione a un altro essere umano, e sarebbe stata anche l’ultima. Le sue forze, ridotte allo stremo, non gli avrebbero consentito di ritornare disumano e resistere alle torture che gli venivano inflitte: da uomo avrebbe sopportato solo qualche ora ancora, ma voleva che lei ascoltasse la sua voce, desiderava che lei rivedesse il suo volto umano.

Artigli, peluria e quel grugno spaventoso da cui fuoriuscivano le zanne con cui dilaniava le prede, sparirono, lasciando solo un uomo nudo, con un fisico prestante, ma ormai schiacciato dal dolore delle ferite.

“Daniel, mi chiamo Daniel” sussurrò lui a fatica, mentre le corde e le catene scivolarono via dal suo corpo, tornato di proporzioni normali. Ma lui non si sarebbe potuto alzare da quel giaciglio di orrore, perché due lunghi chiodi erano stati conficcati dal retro delle sue ginocchia e lo obbligavano a rimanere a carponi sul suo letto di torture.

Marylinda si sedette accanto a lui, prendendo fra le mani i suoi folti e lunghi capelli neri, intrisi del suo stesso sangue e avvicinò il suo volto a quello di Daniel inspirando, come a voler assorbirne l’odore selvaggio.

“Vi sporcherete” riuscì a dire lui, ancora incredulo che quella fanciulla lo stesse accarezzando con passione.

“Non importa, quando sarete morto io fuggirò da questo posto per sempre. State tranquillo, nessuno mi punirà trovandomi sudicia di sangue” disse lei strofinando il suo volto su quello di lui.

“Siete bellissima, ed io non sono stato in grado di donarvi nulla” disse lui con rammarico.

“Nulla? Vi sbagliate amore mio, voi mi darete una cosa preziosa, che porterò nel mio grembo come il più importante dei tesori” disse lei baciandolo, infilandosi dolcemente sotto il suo corpo, scoprendo la sua nudità per essere posseduta.

“Siete sicura?” chiese lui, trovandosi quel corpo pronto per ricevere amore, così talmente inaspettato, se non miseramente sognato.

“Sono stata rapita dalla mia casa da bambina, e costretta all’amore dal mio signore. Ora siete voi che voglio dentro di me, è il vostro seme che desidero più di ogni cosa” rispose lei tirandolo verso di sé.

Ricoperta del sangue di colui che aveva appena amato, Marylinda uscì da quella cella, quando lui esalò l’ultimo respiro. Osservò la guardia, che in un lampo si dileguò, credendola morsa, quindi perduta e pericolosa, e uscì per sempre da quel castello di pietra nera che era stata la sua casa delle torture per lungo tempo.

Si accarezzò il ventre, mentre un sorriso increspava le sue labbra. Gli occhi azzurro cielo, ribollivano di rabbia antica, repressa, mentre si incamminava nella foresta, senza più nessuna paura.

Loro, i lupi, avrebbero riconosciuto il suo odore, accettandola come una madre ritrovata, donandole l’appoggio di tutto il branco.

La dama di bianco vestita, ricoperta di sangue del suo amato, si volse per un’ultima volta verso quella tetra dimora. Mai avrebbe rimesso piede in quel luogo di dolore, ma la sua progenie sì, per vendicare la morte del padre, e le sevizie inflitte alla madre.

“Per tutti viene il tempo del dolore, e sarà pari al danno fatto” disse ad alta voce, leccandosi le ferite, provocate dal morso di Daniel, che nell’impeto dell’orgasmo non aveva resistito al suo istinto, per poi spirare fra le sue braccia.

Alexia Bianchini, nasce a Milano nel 1973. Moglie e madre a tempo pieno di tre splendidi bambini, adora inventare storie e appassionarsi con i suoi pargoli a cartoni animati di ogni genere. Appassionata lettrice fin da bambina, adora i romanzi storici e di fantascienza, ma nella scrittura si sente appagata maggiormente nel fantasy.

Vince alcuni concorsi nel 2010 e pubblica attualmente su un quotidiano on-line in un angolo di poesia tutto per lei. Ha pubblicato con Linee Infinite Editore il romanzo Scarn, la nuova era dei vampiri, di cui sta scrivendo attualmente il seguito. È disponibile in e-book con le Edizioni Scudo Superciccio & Sisters, un fantasy folle per bambini e non. Con la stessa casa editrice è uscita La principessa del Deserto, una graphic-novel di cui ha curato i testi, e presto verranno pubblicati alcuni suoi racconti nelle antologie.

Con GDS Edizioni sarà a breve disponibile un libretto tascabile con un racconto fantasy sui licantropi, Il cerusico, e un audiolibro di genere weird, Sibilla.

Attualmente è alle prese come curatrice di una antologia Fantasy che le sta procurando molte soddisfazioni ed è vice direttore di “Fantasy planet

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