Crimini e Misfatti
Parafrasando il titolo di una pubblicazione di Ando Gilardi, Storia infame della fotografia pornografica, introduco un argomento che mi ha sempre affascinato: l’uso della fotografia nella criminologia.Proprio Ando Gilardi, nella sue due pubblicazioni – Storia sociale della fotografia del 1976 e Wanted! Storia, tecnica ed estetica nella fotografia criminale segnaletica e giudiziaria del 1978- ne fornisce un minuzioso e completo resoconto.
La pratica del foto ritratto criminale, nata nella prima metà dell’ottocento e inizialmente impiegata in ambito poliziesco e giudiziario, rapidamente si estese in altri campi, a testimonianza di come la documentazione fotografica abbia avuto, e tutt’ora ha, un ruolo importante nella vita sociale. Ad esempio, nella medicina psichiatrica, il neurologo francese Jean Martin Charcot allestì un vero e proprio laboratorio fotografico nel manicomio della Salpétrière di Parigi, e l’italiano Lombroso, antropologo e criminologo, utilizzò la fotografia per fornire le “prove” dei suoi studi di fisiognomica, atti a dimostrare come i criminali avessero determinate caratteristiche fisiche ereditarie. In campo giudiziario, il primo metodo d’identificazione fu sviluppato nel carcere di Parigi da Alphonse Bertillon nel XVII secolo. Il nome del detenuto, la descrizione fisica insieme ad una foto segnaletica frontale e laterale venivano annotate su una scheda detta “Osservazioni tropometriche”. E come non ricordare In Italia, agli inizi del novecento,il geniale Umberto Ellero, che si dimostrò degno continuatore di Bertillon. Dalla foto per l’identificazione segnaletica del singolo individuo alla foto per la elaborazione di categorie nelle forme di devianza il passo è breve. D’altro canto, si intuì subito come questo mezzo di comunicazione potesse avere un forte impatto nell’immaginario collettivo e nella vita reale. Nell’Atlante antropologico statistico dell’omicidio di Emilio Ferri del 1894, l’indagine fotografica condotta all’interno delle carceri italiane su delinquenti, pazzi e soldati, risulterà un contributo prezioso per poter identificare le tipologie delinquenziali. Ma il mezzo fotografico trovò la sua massima espressione alla fine del XIX secolo. Con l’arrivo della prima guerra mondiale esplose il fotogiornalismo e la comunicazione fotografica fu in grado di suggestionare l’opinione pubblica, consacrando definitivamente alla fotografia la capacità di rappresentare la realtà attraverso uno standard di credibilità. Con il tempo anche questa credibilità è venuta meno, con l’avvento del fotomontaggio, ma questa è un’altra storia.